Ci siamo quasi. Tra qualche giorno più di due, forse tre milioni d’italiani staranno a letto con l’influenza. E’ la storia di ogni anno, il picco dell’influenza, come dicono i virologi che ci invitano sempre a vaccinare le categorie più a rischio. Quando arriva l’influenza il corpo sembra non rispondere più, ci sentiamo spossati, senza forze, i muscoli indolenziti, la tosse, la febbre, la diarrea. Un disastro. E allora il letto, il riposo, sono la cura più efficace, indipendentemente dall’uso di antinfiammatori, antibiotici (sic!), tachipirina, e farmaci per la tosse. E questo è scientificamente dimostrato. Quando il corpo ha bisogno di recuperare le energie fiaccate dall’infezione, è necessario concedersi il giusto riposo a letto.
Ma esiste un tempo giusto per stare a letto? C’è un limite oltre il quale stare a letto fa male?
L’influenza, per fortuna, è una patologia nella maggior parte dei casi autolimitante. Passa da sola in una settimana, più o meno. Ed è solo la scusa per parlare degli effetti negativi dell’allettamento prolungato, che configurano una vera e propria sindrome, perché colpiscono tutti gli apparati.
Esistono purtroppo malattie croniche che costringono a letto per lungo tempo le persone che ne sono affette. Dall’artrosi ai postumi delle fratture (soprattutto del femore), dal Morbo di Parkinson, all’ictus, alla demenza, dallo scompenso cardiaco all’insufficienza respiratoria, sono solo alcune delle cause di allettamento. Ma anche la depressione, le difficili condizioni socio-economiche con isolamento e presenza di barriere architettoniche possono essere la causa di una prolungata stazione a letto.
Cosa succede nel nostro corpo quando non è più in stazione eretta?
Stare in piedi significa mettere in tensione una serie di gruppi muscolari che anche inavvertitamente ci consentono di mantenere la posizione, i muscoli vengono nutriti e si irrobustiscono e di conseguenza anche le ossa mantengono il loro metabolismo in attività.
Stare a letto per più di una settimana provoca una riduzione della massa muscolare, che può arrivare all’atrofia ed alla sarcopenia. La massa ossea si riduce di circa il 3% al mese, un dato mostruoso, che caratterizza un aumento del rischio di frattura che dovrebbe indurre a trattare con i farmaci per l’osteoporosi tutti i pazienti allettati, indipendentemente dalla misurazione della massa ossea.
I pazienti allettati vanno inoltre incontro ad una redistribuzione del circolo sanguigno, che provoca accumulo di liquidi negli arti inferiori o nelle parti declivi. Aumenta anche la coagulabilità del sangue e cresce il rischio di trombosi e flebiti. La respirazione diventa più difficoltosa, i muscoli respiratori si muovono di meno e vengono sfruttati di più quelli addominali. Diminuisce il riflesso della tosse e quindi i muchi che si accumulano provocano più facilmente polmoniti o pleuriti. Anche l’intestino si ferma, se si fermano le gambe. Così aumenta la stitichezza e si riduce automaticamente l’appetito. Non si beve abbastanza e le feci si induriscono fino a formare fecalomi. La posizione supina non favorisce la contrazione dei muscoli della vescica e l’incontinenza urinaria diventa un problema di difficile soluzione, che predispone anche alla formazione di piaghe da decubito. Queste rappresentano una terribile complicanza, dovute sia alla scarsa circolazione cutanea dovuta alla pressione, alla alterazione della coagulazione del sangue ed alla riduzione della componente sottocutanea del dorso, del bacino, dei talloni. Per questo l’immobilità per più di due ore nella stessa posizione, la malnutrizione, la disidratazione, i disturbi cognitivi e le alterazioni della sensibilità cutanea costituiscono fattori di rischio importanti per la formazione delle piaghe da decubito. Esse sono non solo una complicanza ma anche un sintomo dalla gravità della sindrome da allettamento.
Cosa fare allora, se un paziente è costretto a letto per un periodo prolungato di tempo?
Innanzi tutto bisogna stare attenti alla nutrizione ed alla idratazione. La dieta deve essere ricca di fibre, frutta e verdura per prevenire la stipsi e varia per prevenire la carenza di proteine, l’anemia e l’atrofia muscolare. Integratori proteici possono essere utili, ma la loro efficacia necessita di ulteriori studi.
La mobilizzazione passiva e l’uso di presidi antidecubito (lettino snodabile, materasso antidecubito, utilizzo di creme e spray idratanti e disinfettanti, membrane semipermeabili in poliuretano) sono indispensabili quanto la cura quotidiana dell’igiene personale e l’attenzione all’integrità della cute sulle prominenze ossee.
Dell’osteoporosi e del rischio di fratture anche spontanee abbiamo già detto. Appare opportuno ricordare però che una frattura di femore in un paziente allettato è gravata da una mortalità superiore a quella per l’infarto miocardico. Meglio provare a prevenire, quindi.
Il paziente va stimolato all’uso dei servizi più volte al giorno per evitare incontinenza urinaria, l’uso incongruo del pannolone e la stipsi. Anche la ginnastica respiratoria è indubbiamente utile.
Insomma bisogna agire su tutte le componenti e su tutti i fattori che possono trasformare la prolungata permanenza a letto in una vera e propria malattia a sé stante. L’assistenza non solo medica ed infermieristica, ma soprattutto socio-assistenziale deve essere costante ed accorta nel prevenire ed eventualmente nel curare immediatamente le complicanze che dovessero prodursi.
Adesso comunque vado a letto, che resta la più bella invenzione anonima che abbiamo. Buonanotte.
Dott. Francesco Saverio Alfano – Medico Internista Ospedale di Oliveto Citra