Si definisce come “sindrome del nido vuoto” quell’insieme di pensieri e sentimenti, negativi e nostalgici (tristezza, solitudine, vuoto), provati dai genitori quando i figli se ne vanno da casa. Dopo un lungo periodo trascorso ad accudire i propri figli, i genitori si ritrovano d’un tratto soli. Ogni separazione è segnata, in misura diversa, da due grandi temi affettivi: il dolore della perdita di ciò che si lascia (il vecchio) e la speranza-fiducia di ciò che si acquista (il nuovo). Il tema dominante in questo caso è quello del dolore della perdita: la crescita dei figli, nel suo lungo e lento trascorrere, mette in risalto il distacco (seppur progressivo), lasciando in ombra il nuovo che nascerà. A differenza di quanto si pensi, il distacco dei figli è ampiamente influenzato dalla generazione più anziana di genitori. La rappresentazione che i genitori si creano della separazione dai loro figli ha effetti non solo sui comportamenti e messaggi che essi inviano, ma anche sulle rappresentazioni che i figli si fanno su se stessi. La coppia genitoriale influenza, positivamente o negativamente, i conflitti relativi allo “svincolo”. Gli atteggiamenti verso l’emancipazione dei figli funzionano come forze modellatrici: esse affondano le radici in una storia familiare che proprio in questa fase mostra le sue valenze evolutive o involutive. Stierlin individua tre atteggiamenti assunti dai genitori di fronte all’approssimarsi della separazione dai figli. La negazione dell’evento, o all’apposto, il suo entusiastico accoglimento, non sembrano costituire utili e attive spinte verso l’autonomizzazione del giovane. L’atteggiamento più adeguato è assunto da quei genitori che esprimono la tristezza per il distacco del figlio unita però alla convinzione di essere in grado di superare l’inevitabile vuoto che essa comporta. In quest’ultimo atteggiamento, il dolore del distacco non è negato, come nel secondo, ma non viene nemmeno scaricato sui figli come nel primo.
L’obiettivo di maggior rilievo della coppia genitoriale in questa fase è proprio il reinvestimento nella relazione di coppia, intesa come coppia coniugale. La coppia inizia a essere in parte liberata dall’onere della cura quotidiana dei figli e a poter godere di maggiori spazi e tempi per sé, proprio come coppia. In questa fase la donna può trovarsi in una situazione molto critica, in quanto avendo spesso sacrificato la propria vita professionale per l’accudimento dei figli, nel momento in cui inizia il processo di separazione da questi ultimi, può provare una sorta di senso di vuoto, di inutilità. Alla ridefinizione degli obiettivi di coppia si accompagna talvolta la modificazione dello status lavorativo dei coniugi: le donne, in alcuni casi, possono riprendere l’attività lavorativa sospesa per accudire i figli, i mariti possono pensare di modificare la propria in relazione alla nuova occupazione della moglie. Per la coppia diviene importante anche potenziare o avviare rapporti con l’esterno finalizzati non solo alle esigenze dei figli, ma a propri desideri e interessi, riattivare e rinforzare le relazioni amicali e sociali. In breve, reinvestire nella relazione di coppia, visti anche il prolungamento dell’età di vita e le migliori condizioni di salute, è un vero e proprio compito tipico dell’età attuale.
Per quei genitori che invece sono soli, il superamento di tale situazione sarà più difficile ma non impossibile. Il primo passo è quello dell’accettazione: a volte ci ostiniamo a remare contro a delle circostanze che non possiamo risolvere. E’ giunto il momento di accettare che i figli se ne sono andati, per crearsi una propria vita. Dopo una vita dedicata ai figli ora è giunto il momento di dedicare del tempo a voi, al vostro benessere psicofisico, ai vostri hobby: uscire con gli amici, passeggiare o dedicarsi ad attività divertenti potranno farvi dimenticare la solitudine che provate quando arrivate a casa.
Dott.ssa Dominique D’Ambrosi