Autismo: un passo verso una maggiore consapevolezza

Il 2 Aprile si  è svolta la  Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’ Autismo, dove impronte, palloncini e scritte si sono tinte di BLU, il colore simbolo dell’autismo. La parola che giunge subito alla nostra attenzione è CONSAPEVOLEZZA; perché?

Ancora oggi il termine autismo spaventa; molti genitori accolgono la crescita dei propri figli con timore e paura, di ricevere una diagnosi di Autismo. Durante le valutazioni, spesso insorge la domanda: “Dottoressa, mio figlio come lo vede?; secondo lei è autistico?”, come se,  improvvisamente le altre tipologie di disturbi, fossero il male minore.

E’ fondamentale che genitori e docenti, soprattutto della scuola dell’infanzia, siano il più possibile informati sugli aspetti e le caratteristiche che coinvolgono il disturbo dello spettro autistico. Sicuramente l’obiettivo della consapevolezza, non è etichettare il bambino e viverlo come “diverso”, ma cominciare un iter di crescita e consapevolezza dell’autismo, portando il bambino, i genitori e le persone coinvolte a creare, una rete e un percorso migliore, dove fare crescere il bambino.

Vediamo insieme qualche definizione:

“I disturbi dello spettro autistico rappresentano un gruppo eterogeneo di disordini ad esordio in età evolutiva, che presentano un’espressività clinica variabile da soggetto a soggetto e, nello stesso soggetto, variabile nel corso del tempo. A fronte di questa marcata variabilità clinica, esistono tuttavia delle caratteristiche comuni che consentono di individuare un nucleo sintomatologico sufficientemente definito: compromissione della comunicazione sociale cui si associa un’alterazione qualitativa del repertorio di attività e di interessi che riflette una rigidità dei processi di pensiero”.

In questo caso per autismo si intende un disordine nello sviluppo evolutivo del bambino, con manifestazione, nei primi anni di vita, con aspetti clinici diversi, che variano da soggetto a soggetto.  L’area maggiormente inficiata è l’area della comunicazione, in quando il soggetto avrà difficoltà nel contesto delle interazioni sociali.

Vediamo insieme alcuni segnali che possono porre l’attenzione del genitore o dell’insegnante nei confronti del soggetto:

 

 

  • Deficit nella reciprocità socio-emotiva: il bambino ha difficoltà a relazionarsi con l’adulto e un altro bambino; presenta una ridotta condivisione di interessi, emozioni e sentimenti; cerca il genitore solo per raggiungere un suo scopo (es. prendere un giocattoli in alto).
  • Deficit nei comportamenti comunicativi verbali e non verbali: la comunicazione verbale e non verbale scarsamente integrata; possibile osservare assenza di contatto visivo; il bambino non cerca il nostro sguardo quando parliamo con lui; scarso anche l’uso dei gesti o totale mancanza di espressività facciale e di comunicazione non verbale ( sorriso, smorfie varie, bacio)
  • Deficit dello sviluppo, della gestione e della comprensione delle relazioni: il bambino manifesta rigidità emotiva; non riesce ad adattare il proprio comportamento ai diversi contesti sociali, ha difficoltà nella condivisione del gioco e difficoltà nel fare amicizia con il gruppo dei pari; assenza di interesse verso i coetanei.
  • Movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, ecolalie o frasi idiosincratiche : tende a svolgere movimenti continui corporei, senza alcun tipo di fine comunicativo; tendenza a porre in fila oggetti e giocattoli; ripetizione di parole o frasi che non hanno senso nel contesto espresso.
  • Eccessiva fedeltà alla routine o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali di comportamento verbale e non verbale che non permettono al bambino di accedere a nuove esperienze  e contesti.
  • Interessi altamente ristretti e fissati, anomali in intensità o in argomenti : il bambino tende a giocare sempre con lo stesso giocattolo; poco incline alla novità.
  • Iper o ipo-reattività agli stimoli sensoriali: il bambino non tollera i rumori forti, gli ambienti rumorosi ; non tollera molto spesso il contatto fisico. In altri casi può verificarsi il contrario: assenza di interesse verso ogni stimolo diverso e nuovo.

I disturbi dello spettro autistico appartengono ai disordini del neurosviluppo complessi ad eziologia multifattoriale: si tratta, cioè, di disordini neurobiologici dove fattori genetici ed ambientali spiegano nel loro insieme la genesi del disturbo.

Chi può fare diagnosi di autismo?

La diagnosi di autismo viene svolta dal neuropsichiatra infantile, specialista dell’età evolutiva. Naturalmente prima di giungere alla visita specialistica, il pediatra può svolgere una prima osservazione del bambino, con l’ausilio anche di test di riferimento, che permettono di effettuare una prima osservazione. In base all’esito dell’osservazione, si può richiedere una visita specialistica, che effettua diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Naturalmente una diagnosi precoce, permette un percorso riabilitativo individualizzato efficace e mirato. Ritorneremo a parlare di autismo anche in altri articoli, ponendo in attenzione i tipi di intervento.

L’obiettivo di oggi è giungere alla parola CONSAPEVOLEZZA, perché ogni bambino non deve rappresentare un limite, ma una risorsa, sempre.

Dott.ssa Marianna Pisciotta , Logopedista

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