La diagnosi di celiachia pone molto spesso un senso di smarrimento e sconforto nel paziente, perché il più delle volte la disinformazione mediatica e il disinteresse collettivo alimentano un focolaio di notizie prive di fondamento scientifico, ancor più se si inizia a divagare nel web.
In questi casi la sensibilizzazione verso una tematica attuale e ampiamente diffusa ai nostri giorni è fondamentale, così come conoscere i capisaldi della malattia e opportunamente gestirla.
Cos’è la celiachia?
La celiachia è un’enteropatia immuno-mediata che si manifesta in soggetti geneticamente predisposti in seguito all’ingestione di glutine, un complesso proteico presente in orzo, segale e frumento; da questa definizione possono essere desunti alcuni concetti-chiave:
- Alla base della patologia vi è uno stato infiammatorio del piccolo intestino che vede il coinvolgimento del sistema immunitario, scatenando da un lato la produzione di auto-anticorpi specifici e dall’altro una reazione citodistruttiva a carico dei villi intestinali, le estroflessioni della mucosa deputate all’assorbimento dei nutrienti;
- Nel quadro eziologico della malattia celiaca, la componente genetica occupa un ruolo predominante: la positività verso gli aplotipi HLA DQ2 e/o DQ8 indica il rischio di poter sviluppare nel tempo la celiachia, mentre la negatività esclude quasi totalmente la possibilità di diventare celiaco. Avere i geni che predispongono alla celiachia, in altre parole, rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente ad innescare la malattia;
- Il glutine è il fattore ambientale che scatena la malattia e nel momento in cui è eliminato totalmente dalla propria dieta si assiste alla completa remissione dei sintomi e al recupero funzionale e strutturale della mucosa intestinale.
Nell’ambito delle malattie alimentari, la celiachia non è un’allergia, bensì un’intolleranza alimentare, tra le più diffuse al mondo, con una prevalenza in Italia che sta di gran lunga superando l’1% e che interessa prevalentemente il sesso femminile. L’accidentale ingestione di un alimento contenente glutine non causa, pertanto, rischio di shock anafilattico, anzi non è quasi mai accompagnata da sintomi immediati o – se compaiono – tendono a scomparire nel giro di qualche ora.
Il glutine
Il glutine è una miscela di proteine di stoccaggio, che comprende gliadine e prolammine, importanti fonti di azoto per la pianta durante la germinazione. Le prolammine sono le gliadine, ordeine e secaline, contenute rispettivamente in frumento, orzo e segale, che esercitano un effetto tossico sulla mucosa intestinale dei pazienti celiaci.
Da un punto di vista nutrizionale, il glutine non offre alcun vantaggio particolare al nostro organismo, ma per le sue proprietà visco-elastiche, è ampiamente utilizzato nelle industrie alimentari come addensante, emulsionante ed esaltatore di sapidità. Questo complesso proteico è impiegato, in particolar modo, nella lavorazione dei prodotti lievitati, poiché in associazione con le molecole di acqua va a formare un reticolo submicroscopico che consente alle molecole gassose, prodotte dal lievito, di rimanere intrappolate e all’impasto di aumentare di volume.
La sintomatologia
Essendo una malattia a carico dell’intestino, il segno più comune della celiachia è sicuramente il malassorbimento di macro e micro-nutrienti con disturbi ad esso associati che si ripercuotono anche in distretti lontano dall’intestino, manifestandosi con sintomi, il più delle volte, extra-gastrointestinali.
All’anamnesi il paziente può presentare pertanto una sintomatologia camaleontica, tanto che la comunità scientifica ha ritenuto opportuno suddividere la celiachia in varie forme, in base alle manifestazioni cliniche, di cui le principali sono:
- Forma classica: generalmente, nei bambini sino ai 3 anni di età, accanto a sintomi gastrointestinali (diarrea, addome globoso, inappetenza) si aggiungono lo scarso sviluppo della massa muscolare e l’arresto della crescita;
- Forma non classica: nei bambini di età superiore ai 36 mesi e soprattutto negli adulti prevalgono sintomi come anemia da carenza di ferro non responsiva alla terapia orale, stanchezza cronica, osteoporosi, infertilità, ipoplasia dello smalto dentario e dermatite erpetiforme, con la comparsa sulla pelle di vescicole ripiene di liquido che causano un prurito intenso;
- Forma asintomatica o silente: ci sono celiaci che non hanno nessun sintomo e hanno scoperto di essere affetti da questa malattia nell’ambito di un programma di screening cui si sono sottoposti, perché parenti di 1° grado di celiaci o perché affetti da un’altra patologia autoimmune. In questi pazienti il danno intestinale in seguito all’ingestione del glutine è in ogni caso inevitabile, sebbene non si manifesti chiaramente attraverso la sintomatologia.
La diagnosi
Non esiste Vega test, Dria test, mineralogramma (analisi del capello) o qualsiasi altro test della medicina alternativa che sia in grado di diagnosticare con certezza la celiachia; la diagnosi è effettuata esclusivamente con un esame sierologico, seguito dalla biopsia duodenale.
Nel 1° step del percorso diagnostico si valuta la presenza, nel siero del paziente, degli auto-anticorpi anti-transglutaminasi tissutale (anti-tTG), la cui produzione è patognomonica del morbo celiaco. La positività è in seguito confermata dalla presenza degli anticorpi
anti-endomisio (EMA) e, solo se entrambi i test anticorpali risultano positivi, si procede nel 2° step con la biopsia duodenale in corso di un’esofagogastroduodenoscopia, che rimane ancora oggi il gold standard per la conferma della diagnosi di celiachia. Con l’esame bioptico è possibile graduare la severità del danno alla mucosa attraverso una classificazione istologica, mentre non esistono gradi della celiachia, come – al contrario – molte persone credono.
Nei bambini al di sotto dei 2 anni di età si valuta anche la presenza degli anticorpi
anti-gliadina deamidata (DGP) di classe IgG per la maggiore accuratezza diagnostica.
Secondo le nuove Linee Guida dell’ESPGHAN (Società Europea per la Gastroenterologia Pediatrica, l’Epatologia e la Nutrizione) nella popolazione pediatrica fino ai 18 anni di età è possibile porre diagnosi di celiachia, senza ricorrere alla biopsia duodenale, quando sono soddisfatti contemporaneamente i seguenti requisiti:
- Livelli di anti-tTG superiore a 10 volte il cut-off di normalità;
- Positività agli EMA;
- Positività all’esame genetico;
- Sintomi suggestivi di celiachia.
Il test genetico, che verifica la presenza degli alleli DQ2/8, è richiesto solo per parenti di 1° grado di celiaci, persone già affette da un disturbo autoimmune e in caso di pattern sierologico o istologico ambiguo.
La terapia
Per consentire la remissione dei sintomi ed evitare lo sviluppo delle complicanze, attualmente, l’unica terapia efficace per la celiachia rimane l’adesione costante e rigorosa alla dieta senza glutine. Nonostante le ricerche in ambito scientifico su terapie alternative alla dieta siano andate avanti, il trattamento dietoterapeutico rimane l’unico intervento per trattare questa intolleranza alimentare.
La celiachia è una malattia cronica e la dieta deve essere seguita a vita, escludendo dalla propria alimentazione tutti i cereali contenenti glutine e i loro derivati:
- Orzo (anche solubile)
- Segale
- Frumento
- Farro
- Kamut o grano khorasan
- Triticale
- Malto
- Seitan
- Couscous
- Crusca
- Bulgur
I cereali consentiti sono altrettanto molteplici:
- Riso
- Mais
- Cereali minori: miglio, sorgo e teff
- Pseudocereali: amaranto, grano saraceno e quinoa.
Ottima fonte di carboidrati sono anche le patate, le castagne e i legumi, sebbene questi ultimi siano anche una buona fonte proteica vegetale, senza dimenticare le altre categorie di alimenti naturalmente gluten free: latte e derivati, carne, pesce, uova, frutta e verdura.
Il mercato del senza glutine negli ultimi anni si è arricchito anche di numerosi prodotti dietoterapeutici, che hanno contribuito ancora di più a dare varietà alla dieta del celiaco, nonostante non abbiano un profilo nutrizionale comparabile a quello degli alimenti naturalmente senza glutine, che sono in ogni caso da preferire.
Costanza, determinazione e volontà di sperimentare nuovi sapori sono i punti chiave su cui incentrare uno stile alimentare tutt’altro che restrittivo, mirato unicamente a migliorare lo stato di salute del paziente, rendendolo quanto più vicino possibile a quello di un soggetto non celiaco.
Per favorire la compliance alla dieta, il paziente può e deve sempre avvalersi dei consigli e del supporto costante di un team di esperti, che comprenda il medico gastroenterologo o il pediatra, l’esperto in nutrizione e, se necessario, lo psicologo, i quali sapranno accompagnarlo in questo percorso, insegnandogli a gestire al meglio la propria alimentazione.
Dott.ssa Lucia Murino – Biologa Nutrizionista
Curatrice della Rubrica di Nutrizione Dott.ssa Lucia Palmieri