Alimentarsi consapevolmente: cosa significa e perché fa bene alla nostra salute

mindful eating

Alimentarsi consapevolmente o mindful eating, un modo sano di relazionarsi ai cibi, senza ansie e sensi di colpa. Ma cosa significa?

Parto dal concetto di consapevolezza. Essere consapevoli vuol dire essere presenti in tutto ciò che sta accadendo in questo momento, calarsi cioè nel presente. Se ponessimo l’ attenzione a dove sia la nostra mente ora, ci accorgeremmo che raramente è nel momento presente. Spesso è proiettata nel futuro o ancorata al passato, impedendoci di vivere a pieno la nostra vita nel qui ed ora e generando spesso stati di malessere. Immaginate la mente sempre proiettata in avanti quanta ansia possa generare, o la mente sempre ancorata alla malinconia del passato.

Un altro esempio? Quanti di voi, vivono la settimana aspettando la domenica o aspettando le prossime vacanze?

Questo non ci fa godere del momento presente, l’unica cosa che abbiamo ma che non usiamo mai.

Nell’alimentazione, la consapevolezza ci insegna a portare attenzione e presenza al nostro rapporto con il cibo ed il nostro corpo nel momento del pasto.

Quante volte quando mangiamo facciamo altro? Guardiamo la tv, giochiamo con il cellulare, mangiamo mentre lavoriamo o in macchina mentre guidiamo. Tutte azioni che ci distraggono dall’atto del mangiare e che svolgiamo in maniera inconsapevole. Reagiamo in modo istintivo al cibo e mangiamo senza cogliere i segnali che il nostro corpo ci manda. Riempiamo la bocca con un nuovo boccone senza aver finito di mangiare quello precedente, oppure apriamo automaticamente la dispensa, pensando ad altro e prendendo la prima cosa che abbiamo davanti, o mangiamo seguendo alcune regole, aspettative, giudizi e idee sul cibo che abbiamo e che ci influenzano. Quante volte, avete finito quello che c’era nel vostro piatto anche se non vi andava più, oppure avete accettato un invito a pranzo o cena e, invece di seguire ciò che voi volevate ed il corpo richiedeva, vi siete adeguati alla compagnia, sentendovi dopo in colpa?

Ecco, questi sono tutti elementi che fanno parte di un alimentazione inconsapevole, che possono portarci poi ad avere difficoltà nella gestione positiva del nostro peso corporeo.

Nutrirsi consapevolmente significa aprirsi ad una crescita anche interiore. Significa prestare attenzione non solo a cosa e  come svolgiamo l’attività del mangiare o quanto cibo mangiamo, ma anche perchè e quando mangiamo.

Come sappiamo, e questo è l’aspetto a cui io presto molta attenzione in qualità di Psicoterapeuta, al cibo sono legate anche molte emozioni. Spesso noi mangiamo, non perché abbiamo davvero fame ma perché siamo arrabbiati, tristi, ansiosi, depressi, annoiati ma anche felici, euforici. Anche in questo caso il tutto avviene in maniera inconsapevole. Usiamo il cibo per consolarci emotivamente dando ad esso un compito ingrato: riempire un vuoto.  Non è sbagliato mangiare un certo cibo quando si è tristi, ma è importante riconoscere che è la tristezza che ci sta spingendo verso quell’alimento. Tenendosi impegnati e con lo stomaco sazio, forse (non è una regola ma a volte funziona), la voglia di un certo cibo spazzatura passa, e con lei magari anche la tristezza.

Per coltivare un corretto approccio al cibo è importante mangiare, non astenersi dal farlo, amare il cibo che si consuma e l’atto di cucinarlo. Soprattutto è necessario essere pienamente consapevoli di ciò che ci sta accadendo, imparare a riconoscere, osservare, accogliere e accettare le nostre emozioni, anche quelle che ci sembrano negative: solo allora è possibile cambiare.

Ma come si fa a riconoscere e gestire le emozioni negative?

In primo luogo bisogna accoglierle. Appena seduti a tavola, prima di mangiare, portate la vostra attenzione sul respiro. Inspirate dal naso ed espirate dalla bocca, ascoltandovi.

Cosa vi dice il vostro respiro? Come state in quel momento?

Ad esempio, sentite il vostro respiro veloce e alla domanda come sto adesso, vi rispondete agitato. L’inconsapevolezza vi può portare a mangiare velocemente, ad ingurgitare il pasto, senza saziarvi realmente. L’aver reso invece consapevole l’emozione, e l’averla calmata con il respiro vi aiuterà a mangiare con più calma, a gustarvi il piatto e a sentirvi sazi.

Oppure, sentite il bisogno di fare uno snack. Fermatevi, ascoltate il vostro respiro e chiedetevi:

Come sto in questo momento? Cosa mi spinge a mangiare? (Mi annoio, sono triste, sono arrabbiato, ecc ecc).

Se la vostra risposta è emotiva,continuate a respirare e chiedetevi: Cosa posso fare per non annoiarmi, o per non sentirmi triste, arrabbiato ecc?

Il cibo come conforto non risolve il problema, anzi lo amplifica. L’emozione negativa resta inalterata e si somma il senso di colpa.  Riconoscere l’emozione che scatena il comportamento è il primo passo per gestire la dipendenza da cibo e prevenire sovrappeso, obesità o abbuffate.

Ma quando si tratta di fame emotiva e quando di fame biologica?

La fame emotiva arriva quando situazioni o pensieri fanno venire la “voglia di cibo” senza che si attivi il segnale fisiologico della fame. Può manifestarsi ad alte intensità ed è per questo che è difficile confonderla soprattutto perché i segnali della fame emotiva sono simili a quelli della fame fisiologica e facili da confondere. La fame emotiva si riconosce perché è immediata ed improvvisa e vuole essere subito soddisfatta solo con cibi comfort.

La fame biologica interviene quando il corpo segnala un deficit di energia e ci richiede di introdurre carboidrati,proteine, grassi al fine di far spegnere il segnale fame. Arriva con il tempo, può aspettare e si soddisfa con qualsiasi tipologia di alimento, anche una mela. Si spegne quando si avverte il senso di sazietà.

Devi sapere, per riconoscere se si tratta di emozione o biologia che:

  • Lo Stress quando cronico innalza il cortisolo. Il cortisolo guida ‟ verso cibi calorici perché la presenza di tale sostanza in eccesso comunica al cervello che ci stiamo preparando per un lavoro impegnativo;
  • L’ansia fa contrarre lo stomaco in modo similare al brontolio della fame biologica
  •  La rabbia fa contrarre i gruppi muscolari/mascellari (gomma/croccantezza dei cibi aiuta a decontrarre i muscoli irrigiditi)
  • La tristezza fa abbassare i livelli di serotonina: il cioccolato fondente agisce sulla serotonina, tranquillizzando e regolando la serotonina. Il ciocco-latte invece agisce sulla dopamina che è il trasmettitore del piacere e delle droghe, creando invece dipendenza. Dopo il picco della dopamina segue craving e astinenza, e ricerca di nuova cioccolata e così via.
  • I sentimenti di noia, vuoto o insoddisfazione portano a farci cercare gusti nuovi al posto di stimoli di vita diversi

Ma cosa fare per affrontare la fame emotiva?

Quando arriva l’impulso, fermarsi 2/5 minuti e respirare . Entrare in contatto con l’emozione del momento e governarla (non lasciarci governare). Immaginate il desiderio come un’onda alta, ed il respiro come una tavola da surf con cui cavalcare l’onda. Il desiderio come l’onda ha un picco alto e poi riscende. Dobbiamo riuscire a cavalcare l’onda per superare il picco e tornare alla calma di prima.

Porre l’attenzione sull’emozione del momento è quindi fondamentale .

Mangiare consapevolmente ci consente così di vivere un’esperienza totalmente diversa: aumenta il senso di appagamento e apprezzamento del cibo perché ci permette di assaporare tutta l’esperienza del cibo; ci aiuta ad essere coscienti dell’origine della nostra fame e ci mette in contatto con il nostro corpo

Provare per credere!

 

Dott.ssa Dominique D’Ambrosi – Psicologa Psicoterapeuta 

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