Cosa resterà del coronavirus?

Sono giorni di grande tensione. Televisioni e social media si rincorrono in una incredibile gara di elencazione di contagiati, di morti, di guariti. Città e paesi circondati dal cordone sanitario dell’esercito, come nei film di Soderbergh, alla ricerca del paziente zero, tanto simile all’untore manzoniano. Posti letto in Terapia Intensiva che risultano improvvisamente insufficienti. Medici ed infermieri segregati in ospedale in turni interminabili. Misure governative che sembrano non solo limitare la libertà, ma influire proprio sulle manifestazioni dell’affettività (i baci, gli abbracci, le strette di mano) di una popolazione. Un momento davvero difficile, che nessun corso di Medicina, Psicologia o Filosofia comprende nel proprio programma di studi.

Ma è proprio in questo caos emotivo ed organizzativo, mentre le scuole chiudono, quando sembra che tutte le basi scientifiche dei protocolli comportamentali si riducano al sospetto ed all’evitamento dell’altro,  che risulta forse importante riflettere su che cosa lascerà di positivo nelle nostre vite questo momento tanto drammatico.

Considerazione generale.

In un mondo globalizzato, non è possibile circoscrivere una infezione limitando i contatti con questo o quel popolo sede di focolaio. Siamo tutti nella stessa barca. L’Italia è stata la prima a precludere gli accessi dalla Cina, demonizzando sui social e per strada quel popolo, ed il paziente zero è stato un tedesco (fonte: New England Journal). I medici delle ONG, considerati poco più che delinquenti quando soccorrevano i migranti, adesso sono accolti come eroi negli ospedali al collasso del Nord Italia. Sulla stessa barca si rema tutti insieme. Quindi, più solidarietà e meno egoismi.

La Sanità Pubblica

E IL VALORE AGGIUNTO della nostra democrazia. In questi ultimi venti anni è stata considerata una inutile fonte di spesa ed un bacino di voti per la politica delle Regioni. I tagli continui e l’intromissione della politica nelle scelte l’hanno svuotata di posti-letto e sminuita nel valore degli operatori. Meglio la sanità privata, più efficiente, più economicamente conveniente, si diceva da più parti. Nonostante questo scempio, nelle altre nazioni continuano ad invidiare il nostro SSN, che sta dando esempi innumerevoli di coraggio, professionalità ed abnegazione. Altro che l’etichetta di “statali, raccomandati, incapaci” che i media si affannano a trasmettere in ogni possibile occasione di sbattere in prima pagina la MALASANITA’. Della sanità privata non si hanno notizie, neanche della messa a disposizione dei posti-letto necessari. Assumere più medici, infermieri, OSS e tutti quegli operatori necessari al benessere fisico e psicologico, non è un investimento a perdere. Al contrario può trasformare una democrazia imperfetta in un modello di wellfare. Depenalizzare i reati sanitari, circoscrivendoli al solo codice civile, significa rendere i nostri operatori sanitari più sereni nella loro opera continua di soccorso, a volte anche a sprezzo del pericolo per la loro vita.

E per noi cittadini?

Le immagini dei corridoi degli ospedali vuoti, puliti, profumati di disinfettante, non devono trasmettere tristezza, né il senso di una sconfitta. Questo è l’uso che va fatto degli ospedali. Dove vanno accolte le patologie gravi e non trattabili altrove. Vanno limitate le visite dei familiari all’indispensabile, vanno ascoltati e rispettati i medici e gli operatori nelle loro raccomandazioni. Non si divertono, stanno lavorando.

Troppe volte negli ultimi vent’anni ho ascoltato la rabbia di mia moglie, medico ospedaliero come me, che al ritorno dal turno in reparto si lamentava della maleducazione dei familiari dei pazienti, del mancato rispetto delle più elementari regole igienico-sanitarie. Dell’arroganza con cui si permettevano di rispondere a lei, solo perché donna. Ecco, in questa giornata particolare, un pensiero va rivolto alle donne medico che lavorano il doppio di noi medici maschi per vedere riconosciuta la loro autorevolezza ed il loro ruolo. La maggior parte dei medici ed infermieri  in ospedale sono donne. Quelle che combattono contro il coronavirus sono donna. Non c’è bisogna di ringraziarle. Basta rispettarle. Le mie colleghe che a Brescia, Parma, Piacenza, stanno solo aspettando l’esito del tampone per sapere se sono state contagiate o meno ricevano il mio abbraccio sincero.

Non vanno distrutti i Pronto Soccorso, né aggrediti i sanitari. Non solo ora che circola il Virus, dovrà essere così anche in futuro. E’ un insegnamento di civiltà che solo una crisi così drammatica può imprimere nelle coscienze di tutti, attraverso lo stimolo della paura. Per alcuni, privi del minimo senso civico, non c’è altro modo per apprendere l’educazione.

Infine sarà proprio questa l’eredità della crisi del Coronavirus. Un ritorno all’umanità, a rimpiangere gli abbracci non dati, le mani non strette, a distinguere chi aiuta da “sgarrupa”, a saper dire grazie a chi fa qualcosa in più del suo dovere. La riscoperta della nostra fragilità coincide con la rivelazione della nostra grande forza. Non vergogniamoci di essere umani, la cattiveria ha fatto troppi disastri. Quasi quanto quelli dell’ignoranza.

Adesso vado in ospedale a fare il mio turno.

Ci vediamo nel mondo nuovo.

Domenica 8 Marzo, 2020

 

Dott. Francesco Saverio Alfano – Medico Internista dell’Ospedale di Oliveto Citra

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