Confrontarsi con un parente di un soggetto che ha ricevuto diagnosi di DISFAGIA, non è per nulla semplice.
Insorgono mille preoccupazioni e affrontare il quotidiano pasto, diviene motivo di ansia e paura.
La disfagia è una problematica molto delicata e, spesso, stravolge completamente le abitudini alimentari del paziente, che si ritrova a dover far fronte, insieme alla sua famiglia, a nuovi termini, posture facilitanti, modalità nuove per preparare cibi e prediligere cotture, piuttosto che altre.
“Cosa deve mangiare un paziente disfagico?”
“La Disfagia cambia la vita di una persona?”
“Un soggetto disfagico potrà ritornare ad assaporare un piatto gradevole?”
Sono molte le domande che si pone un familiare di un soggetto con disfagia, ma rispondiamo alla domanda principale:
Che cos’è la DISFAGIA?
Per DISFAGIA si intende la difficoltà a deglutire ( mandar giù cibo e liquidi) a causa di una patologia, che può essere di tipo neurologico o tumorale, che interferisce con il transito del cibo dalla bocca allo stomaco. Molto spesso si associa alla disfagia, difficoltà nell’articolazione della parola (disartria e afasia) o difficoltà nella fonazione (afonia o disfonia).
Tra le malattie centrali degenerative che determinano l’insorgenza della disfagia neurologica riconosciamo:
- Morbo di Parkinson
- Morbo di Alzheimer
- Sclerosi Multipla
- Esiti di ictus
I sintomi che si manifestano e pongono i primi campanelli d’allarme fanno riferimento alla difficoltà ad elaborare il cibo, al rallentamento delle diverse fasi della deglutizione e alla perdita di peso.
Si distinguino:
- Difficoltà nel controllo del bolo (porzione di cibo) durante la masticazione. Dare un bel morso ad un panino, per esempio, può risultare l’azione più semplice che ci caratterizza come genere. Basti pensare come nel soggetto disfagico triturare il cibo con i denti ed elaborarlo con il controllo della lingua per preparare il cavo orale a mandar giù il boccone, diviene, tra le azione più laboriose e impegnative della giornata.
- Perdita di saliva o del cibo dalla bocca
- Rigurgito nasale
- Affaticamento durante il pasto
- Voce gorgogliante dopo aver ingerito liquidi
- Tosse e sensazione di soffocamento per aspirazione delle vie aeree.
La presenza della tosse dopo l’atto deglutitorio è un campanello d’allarme da non sottovalutare, in quanto lancia il segnale che qualcosa sta andando nel percorso errato; ovvero nelle vie aeree, determinando a lungo andare fenomeni quali penetrazione e aspirazione di particelle di bolo nelle via aeree inferiori che . senza alcun tipo di controllo, determinano una condizione patologica molto pericolosa: la polmonite ab ingestis ( broncopolmonite acuta).
I soggetti che ricevono diagnosi di patologie neurologiche degenerative non devono sottovalutare questa componente; utile eseguire una visita specialistica e una consulenza logopedica per dare delucidazioni in merito alla gestione della deglutizione durante e fuori dal pasto quotidiano. L’obiettivo è chiaro: si può convivere con la disfagia, ma il punto di partenza è il lavoro di equipe, fondamentale, e il caregiver (cura dei familiari del soggetto disfagico) che rappresenta la chiave del successo del percorso riabilitativo.
L’obiettivo terapeutico sarà rappresentato dal garantire una DEGLUTIZIONE FUNZIONALE, il più possibile vicino alla normalità, caratterizzata da pasti dalla durata più lunghi; eventuali limitazioni dietetiche e adozione di posture facilitanti.
Naturalmente ogni soggetto è un caso da verificare, a seconda anche delle strutture coinvolte nella difficoltà della deglutizione, ma poniamo alcune linee guida generali per affrontare la disfagia senza paura.
Di seguito verranno evidenziati comportamenti, posizioni, posture e le caratteristiche dei cibi che facilitano l’alimentazione.
Durante il pasto:
- Ricercare un ambiente tranquillo evitando visite e confusione.
- Il paziente deve mangiare da solo con il minor aiuto possibile del familiare (preferibilmente non imboccarlo, permettendogli di utilizzare le sue abilità)
- Consumare il pasto senza dare fretta al paziente
- Il paziente mentre mangia non dovrebbe parlare, ne distrarsi
- Dopo ogni pasto effettuare la pulizia della bocca, dei denti e/o della protesi dentaria.
Le posizioni e posture consigliate:
- Il paziente deve essere seduto con la schiena dritta e possibilmente con le braccia ben appoggiate sopra al tavolo (se a letto è necessario alzare adeguatamente lo schienale)
- Chi imbocca il paziente si deve porre di fronte a lui, seduto, cercando di avere il capo alla stessa altezza per evitare l’estensione del capo verso l’alto
- Il paziente ad ogni deglutizione deve flettere leggermente il capo verso l’avanti. Questa postura facilita la fase faringea della discesa del bolo, andando a proteggere le vie aeree.
La caratteristiche dei cibi è fondamentale: al paziente disfagico sarà prescritto di seguire, per un certo periodo di tempo, una dieta basata su una consistenza particolare: preferibilmente si inizia con la somministrazione di cibi semisolidi (alimenti frullati, come purea, di consistenza omogenea). La consistenza dei cibi può essere modificata con l’uso di addensanti, che permettono al paziente di assumere adeguatamente il boccone.
A scopo precauzionale è consigliabili evitare di mescolare cibi con consistenze diverse, come minestrine, minestroni con verdura a pezzi, pastina in brodo, riso, mozzarella, caffelatte con biscotti. Le consistenze miste determinano un maggior controllo del cavo orale e di tutti i muscoli che lo caratterizzano; ciò risulta complicato nel paziente disfagico.
Inoltre nella preparazione dei pasti è consigliabile:
- Prediligere una sola consistenza
- Aggiungere agli alimenti condimenti untuosi
- Preferire temperature del cibo calde o fredde, evitando temperature tiepide che si avvicinano a quella corporea
- Evitare sapori amari, piccanti e acidi
Naturalmente non dimentichiamo che anche l’occhio vuole la sua parte e un aspetto invitante del piatto, rappresenta un punto di partenza per consumare un “banchetto”, con qualche accortezza in più, ma senza dover rinunciare al gusto.