“Il bambino legge male!”
“Il bambino deve leggere di più.”
“Il ragazzo deve impegnarsi di più a scuola!”
Comprendere e riconoscere la Dislessia, che rientra nei DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO, è una tematica sempre attuale e in continua evoluzione sia nell’ambito di ricerca e riabilitazione e fortunatamente anche nell’ambito didattico, ove la scuola fronteggia il disturbo della lettura, con strumenti e programmi sempre più adeguati.
Chi è un soggetto dislessico?
La DISLESSIA fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) ed è una condizione caratterizzata da problemi con la lettura. La ricercatrice Shaywitz ha posto in evidenza una definizione brillante, sostenendo come la dislessia sia un’inattesa difficoltà di lettura, ovvero una difficoltà che compare in una persona che per motivi fisici e socio educativi non dovrebbe mostrarla; impedisce un rapido ed efficace accesso al materiale scritto in chi ne è affetto, compromettendo in questo modo il processo educativo, con forti ripercussioni sulla futura vita sociale e professionale
La DISLESSIA è il più frequente disturbo dell’apprendimento: riguarda una percentuale tra il 5% e il 17% della popolazione scolastica. Recenti dati confermano una significativa dominanza nei maschi.
Si nasce dislessici?
Negli ultimi venti anni le neuroscienze cognitive si sono interessate di apprendimento e genetica, evidenziando come vi sia una forte componente genetica della dislessia (legata a 9 loci genetici) che emerge da fattori, sia di familiarità che di ereditarietà; nel 1996 Pennington e Gilger ipotizzarono come i figli di genitori dislessici hanno una probabilità tra il 20% e il 65% di manifestare il disturbo, e per i parenti di una persona dislessica questa probabilità si aggira intorno al 40%. Inoltre numerosi studi mettono in evidenza, come un disturbo specifico del linguaggio, evolve nella fase della scolarizzazione in DSA.
Naturalmente nello sviluppo cognitivo e cerebrale del soggetto, un ruolo cruciale va assegnato all’ambiente che può modulare e modellare l’evoluzione. Da qui parte la base della diagnosi precoce, per andare ad organizzare un adeguato percorso individualizzato ad hoc per il soggetto.
Come legge un soggetto dislessico?
Durante la fase dell’apprendimento della lettura, il bambino manifesterà numerosi segni, che lanciano un campanello d’allarme per identificare un DSA:
- Difficoltà nel leggere e scandire le parole (cosiddetto “spelling”)
- Difficoltà nell’utilizzo delle sillabe
- Lentezza nella lettura e difficoltà nella lettura ad alta voce
- Incapacità o capacità ridotta di apprendere i nomi delle lettere e i suoni che le rappresentano
- Associata difficoltà di scrittura
- Sostituzioni o elisioni di lettere (confusione tra “b” e “d”)
- Disturbi visivi durante la lettura
- Difficoltà nell’utilizzo della grammatica appropriata
Naturalmente non bisogna confondere un Disturbo di Apprendimento primario con una Difficoltà di Apprendimento. Nessuno nasce imparato e questo è un concetto certo. I primi due anni della scuola primaria sono fondamentali per accedere al processo della letto-scrittura; ciò richiede un importante lavoro di apprendimento. Non possiamo pretendere da un bambino che ha cominciato la scuola primaria da 2 mesi, una lettura adeguata, rapida e accurata. Come ogni fase di crescita, anche l’apprendimento scolastico ha i suoi “tempi”.
L’apprendimento della lettura è un processo complesso che richiede l’integrità di diverse funzioni cognitive. Andiamo a vedere insieme quali sono:
- Corretta PERCEZIONE VISIVA delle stringhe di lettere, per discriminare quest’ultime dal resto della pagina scritta (molti bambini con DSA dichiarano di veder muovere le letterine sul foglio)
- CONSAPEVOLEZZA FONOLOGICA, in particolar modo fusione sillabica e fonemica, che permettono di assemblare i suoni per dare luogo alla lettura della parola, soprattutto per la lingua come l’italiano che ha un’ alta corrispondenza grafema-fonema (es. la parola CANE è composta dalla fusione di due sillabe, CA – NE e dalla sequenza di 4 grafemi , C-A-N-E)
- PROCESSI DI ATTENZIONE VISIVA, VISUO – SPAZIALE E UDITIVA che indirizzano l’attenzione del bambino verso lettere e suoni diversi, consentendone la percezione giusta. Riconoscere la forma delle lettere scritte (grafemi) è fondamentale. Molti bambini non recuperano il suono del grafema giusto. Non ricordano come si chiama quella lettera e che suona ha, associata ad un’altra letterina scritta. Un bambino dislessico si trova dinanzi a un caos di lettere, senza riuscire a porre un ordine sequenziale.
- MEMORIA DI LAVORO FONOLOGICA, pilastro fondamentale, che permette di mantenere in memoria e recuperare la corretta sequenza di suoni corrispondenti alle lettere che compongono la parola da leggere. (es. se mi trovo davanti una parola lunga come ELEFANTE, devo tenere a mente i primi suoni per poi fonderli con gli ultimi letti e dare origine alla lettura della parolina)
E’ cosi evidente come in un processo così articolato, basta una sola compromissione di queste componenti , per determinare una difficile acquisizione delle abilità di lettura. E’stato dimostrato come un bambino dislessico presenta risultati scarsi, dinanzi diverse tipi di prove, in fase valutativa, che fa riferimento ai processi cognitivi sopra elencati. Questo rappresenta sicuramente un punto di partenza fondamentale per aiutare il piccolo lettore in difficoltà, nella sua fase di apprendimento.
Cosa prova un bambino dislessico?
Avete mai provato a mettervi nei panni di un bambino con Dislessia?
Un bambino con quoziente intellettivo (Q.I.) nella norma, e anche superiore, molte volte.
Un bambino che ama relazionarsi con gli altri.
Un bambino che pratica in maniera adeguata il suo sport preferito.
Un bambino che non ha problemi visivi e uditivi.
Un bambino come tutti gli altri.
Eppure le prime difficoltà nell’apprendimento, insieme alla conferma di diagnosi di DISLESSIA, aprono quasi un abisso per il bambino, ma soprattutto per i genitori, che non hanno assolutamente idea di quale strada prendere.
Fortunatamente, le prospettive migliorano anno dopo anno. L’inclusione è la parola di svolta. Ritorna, fondamentale il lavoro di equipe, ove l’insegnante diviene il primo punto di riferimento del piccolo alunno e del genitore, insieme alle figure coinvolte nella diagnosi della dislessia e della riabilitazione.
Consigliare ad un bambino dislessico di leggere di più a casa corrisponde ad indirizzarlo al “patibolo”. Non bisogna focalizzarsi sul “sintomo” della Dislessia, ma sulle cause che sono multifattoriali. La diagnosi precoce è sicuramente un elemento essenziale e fortunatamente le neuroscienze offrono ricerche e risultati che danno numerose speranze. Nel prossimo articolo parleremo della legge 170/2010 che ha rappresentato una svolta nel rapporto tra famiglia, scuola e sanità.
Dott.ssa Marianna Pisciotta-Logopedista