Cos’è l’epicondilite?
Comunemente nota come “gomito del tennista”, l’epicondilite è l’infiammazione dei tendini (estensore radiale breve del polso e estensore comune delle dita della mano) che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito (epicondilo laterale).
È una patologia degenerativa spesso determinata da un sovraccarico funzionale, cioè da un uso eccessivo e continuato del gomito, ed è tipica dei soggetti che, a causa di particolari attività sportive o professionali, sono costretti a ripetere determinati movimenti.
Inoltre, è stato dimostrato che ripetuti microtraumi o un danno diretto dell’epicondilo laterale, come un’eccessiva estensione dell’avambraccio o un movimento scorretto, causano più della metà di queste lesioni.
Accanto alla sollecitazione meccanica esiste certamente una predisposizione locale e individuale a sviluppare la malattia.
In principio, il dolore associato all’epicondilite interessa soltanto i tendini, soprattutto quando si compiono movimenti di estensione del polso contro una resistenza, e tende ad aumentare con le attività che richiedono il coinvolgimento dei muscoli nell’arto interessato. Con un abuso protratto nel tempo, la manifestazione dolorosa può
irradiarsi lungo l’avambraccio e persistere anche a riposo, determinando la progressiva riduzione della funzionalità di mano, polso e gomito.
Cause
Si parla di “gomito del tennista” perché nel tennista può verificarsi più facilmente questo genere di patologia per alcune cause predisponenti, come:
– un’errata impostazione del gesto tecnico, per esempio il colpo di rovescio e gli squilibri tra gruppi muscolari;
– l’impiego di racchette troppo pesanti o leggere, ma rigide, mal bilanciate, con corde sintetiche troppo tese;
– l’impugnatura troppo grande o troppo piccola delle racchette;
– l’uso di palle sgonfie o bagnate o troppo dure e pesanti;
– il gioco su superfici veloci;
– la presa troppo energica o troppo vicina all’estremità della racchetta.
Chi è più a rischio?
Le categorie più a rischio sono tutti coloro che per professione o svago tendono a compiere sempre gli stessi movimenti che coinvolgono appunto l’articolazione di gomito, polso e mano, tra cui:
cuochi, pittori e imbianchini, musicisti, baristi addetti alla macchina del caffè, sarti, carpentieri, barbieri e
parrucchieri.
Altra categoria a rischio è poi tutta quella che lavora, studia o sta davanti al pc a lungo ogni giorno, l’uso continuo del mouse. Vi è infine un’altra possibile causa del gomito del tennista, spesso sottovalutata: la compresenza di problemi al rachide cervicale, tra cui forme di artrosi o ernie con infiammazione che si estende alle altre articolazioni.
La compresenza di dolore cervicale può generare il sospetto nell’ortopedico.
Insorgenza
Il periodo di massima insorgenza è quello compreso tra i 30 e i 50 anni di età ed è inquadrabile nelle cosiddette “over-use syndromes” , nelle quali riconosciamo tra i fattori causali, oltre l’abnorme sollecitazione, anche un fisiologico logoramento involutivo delle strutture tendino-inserzionali.
Segni e sintomi:
– Dolore e gonfiore localizzati sulla parte esterna del gomito, in corrispondenza dell’epicondilo laterale;
– Dolore nella parte esterna dell’avambraccio, appena sotto il gomito. Il dolore può anche irradiarsi lungo
l’avambraccio verso il polso e nella parte posteriore della mano;
– Forza nella presa debole e dolorosa, anche mentre si stringono tra le mani piccoli oggetti, relativamente
pesanti;
– Peggioramento del dolore con i movimenti del polso, in particolare con l’estensione e i movimenti di sollevamento;
– Rigidità mattutina.
I sintomi sono spesso peggiorati dalle attività dell’avambraccio, in particolare dai movimenti di torsione. Il braccio dominante è colpito con maggiore incidenza, tuttavia entrambi gli arti possono essere colpiti.
Il dolore associato all’epicondilite laterale può essere di lieve o grave intensità (può essere avvertito anche quando il braccio viene tenuto a riposo). L’esame del paziente e i disturbi riferiti di solito sono fortemente indicativi della patologia. Il dolore sull’epicondilo nell’esecuzione di alcuni movimenti come l’estensione del polso, il dolore palpatorio sull’epicondilo, il test di Mills (flessione passiva del polso) e il test di Cotzen (estensione attiva contrastata del polso) sono tutti segni evidenti di tale infiammazione.
Diagnosi e trattamento
Gli esami strumentali come ecografia, radiografia, TAC, risonanza magnetica possono essere utili, valutando
caso per caso, per escludere altre affezioni a livello del gomito che possono entrare in diagnosi differenziale o
per confermare la diagnosi di epicondilite.
È essenziale che qualunque trattamento conservativo sia associato a riposo del muscolo interessato e questo significa evitare il movimento attivo del polso (diminuendo/sospendendo le attività sportive e lavorative) fino alla risoluzione del disturbo.
Se i sintomi non migliorano dopo almeno un anno di terapia conservativa, possono essere presi in considerazione trattamenti invasivi, come la chirurgia.
Un’opzione non chirurgica che spesso consente la risoluzione del quadro clinico consiste nell’utilizzo di un tutore dinamico di polso, eseguito su misura con materiale termoplastico, che permette di mantenere a riposo il tendine dell’estensore radiale breve del carpo grazie alla posizione obbligata del polso in estensione fissa a 12°.
Riabilitazione
La prima fase del protocollo riabilitativo è incentrata sulla riduzione del dolore, attraverso terapie fisiche
(onde d ‘urto, laser, tecar, tens e applicazioni giornaliere di ghiaccio per 15 minuti 3 volte al giorno) e sulla risoluzione della contrattura muscolare che determina la tendinopatia con massoterapia decontratturante dei muscoli dell’avambraccio, massaggio trasverso profondo dei tendini dei muscoli flessori ed estensori (soprattutto nella porzione distale, vicino all’epicondilo), si possono trattare i trigger point manualmente, o mediante l’uso di strumenti come la miofibrolisie; può essere applicato il kinesio taping che aiuta la zona a ridurre l’edema, e la congestione; molto importante è lo stretching, in quanto un giusto allungamento permette un movimento corretto di
tutte le strutture.
È importante informare bene il paziente che il dolore, essendo di origine funzionale, non sparisce del tutto
ma permane anche durante le fasi successive della riabilitazione fino al completo riequilibrio dell’azione tendinea e muscolare.
La fase successiva del protocollo riabilitativo è caratterizzata dal rinforzo dei muscoli epicondiloidei e epitrocleari come l’estensore radiale breve del carpo, l’anconeo, l’estensore del carpo e il comune delle dita prevalentemente in forma eccentrica sia manuale che con utilizzo di elastici e zavorre; molto importante in questa fase il riequilibrio dei muscoli flesso/estensori del polso e della muscolatura della spalla (soprattutto extrarotatori) per permettere di stabilizzare e controllare meglio il movimento dell’avambraccio.
È molto importante che, una volta cessato il dolore e verificato il recupero attivo, la ripresa della normale
pratica sportiva avvenga solo dopo un periodo di idoneo e sufficiente ricondizionamento atletico.
Questo dovrà consistere in esercitazioni di forza (contrazioni isometriche e isotoniche che coinvolgano i muscoli dell’avambraccio) alternate a esercizi di allungamento. In questo modo saranno ridotti i rischi di recidive.
Al contrario, le recidive si avranno in particolare quando gli atleti, non avvertendo più dolore e ritenendosi erroneamente guariti, riprendano a giocare senza seguire le istruzioni terapeutiche descritte in precedenza.
Il programma di riabilitazione specifico può aiutare a correggere il movimento ripetitivo che ha generato l’epicondilite:
– modificare le proprie abitudini;
– tenere una posizione di lavoro adeguata;
– utilizzare strumenti leggeri e dall’impugnatura conforme alla propria mano: in questo modo le sollecitazioni al tendine sono minime;
– alternare le due braccia nell’utilizzo in movimenti ripetitivi;
– tenete i polsi diritti quando sollevate qualcosa, e rigidi. Così facendo saranno i muscoli dell’avambraccio superiore, più grandi e potenti, a fare il lavoro che di solito fanno i muscoli dell’avambraccio inferiore, più piccoli e meno potenti;
– valutare con il medico l’uso di ortesi;
– rinforzare la muscolatura del braccio con opportuni esercizi di stretching da eseguire a casa tutti i giorni.
In questo modo si avranno dei risultati a lungo termine e il problema non si ripresenterà.
Dott.ssa Marianna Abate – Fisioterapista