Il respiro che “lucida” i sensi

Chiunque può respirare. Dunque chiunque può praticare yoga” (T.K.V. Desikachar)

Introduzione

Sebbene la scienza dello Yoga stia godendo di una sempre maggiore diffusione in Occidente, ancora in tanti sono convinti che essa sia accessibile solo a pochi “eletti” e che per poter praticare sia indispensabile avere un corpo tonico, essere flessibili e avere la mente… sgombra da pensieri!

In realtà queste qualità – con il tempo – si acquisiscono proprio grazie alla pratica costante e per iniziare può bastare anche solo dedicarsi al proprio respiro.

Soprattutto nei periodi in cui ti senti un po’ fiacco o demotivato, lo Yoga può aiutarti, in particolare il Pranayama, per non perderti d’animo e riattivare l’energia necessaria a ristabilire il tuo equilibrio.

Nella disciplina dello Yoga, infatti, si dà grande spazio allo studio delle tecniche di respirazione e alla modalità con cui è possibile gestire e espandere il respiro, tanto che si parla di “Pranayama” termine formato da Prana (fiato, respiro, vita, energia, forza) e da Ayama (lunghezza, controllo, espansione). Il suo significato è controllo ed estensione del respiro. Tale controllo si attua durante quattro fasi: inspirazione (puraka), pausa respiratoria dopo l’inspirazione (antara kumbhaka), espirazione (rechaka), pausa respiratoria dopo l’espirazione (bahya kumbhaka).

La pratica del Pranayama rafforza il sistema respiratorio, calma il sistema nervoso, la mente si libera e diventa un mezzo controllare i sensi, e predisporsi per Dhyāna (meditazione).

Dunque, respirare non serve solo a portare ossigeno, espellere anidride carbonica, eliminare rifiuti, pompare il sangue nei tessuti di tutto il corpo! Fin da piccoli ci hanno insegnato che “respirare” è l’atto che ci tiene in vita, mentre solo alcuni di noi hanno sviluppato da adulti la consapevolezza del proprio respiro e di quanto si possa lavorare attraverso di esso per avere benessere in qualsiasi momento!

Il respiro “Kapalabhati” o “lucentezza del cranio”

Una delle tecniche di respirazione più praticate tra gli studenti di Yoga, soprattutto prima di iniziare una classe al fine di attivare l’energia in circolo, è quella del Kapalabhati Pranayama.

Kapalabhati è una parola sanscrita che deriva da “kapala” e “bhati”, le quali letteralmente significano “cranio” e “pulire” per cui diventa una possibile traduzione “lucentezza del cranio”, riferendosi alla lucidità che dà la ossigenazione del corpo rispetto al torpore che ottenebra i sensi. La tecnica Kapalabati consiste in una serie di espirazioni forzate, ripetuta diverse decine di serie, nelle quali si espelle con il naso una forte quantità di aria (contraendo i muscoli addominali) e inspirando brevemente ed in modo non volontario, dovuto solamente alla depressione che si instaura nei polmoni a seguito dell’espirazione forzata stessa. Infine si realizzano di nuovo alcune inspirazioni ed espirazioni lente e profonde. Tra i benefici di questa tecnica di respirazione si elencano i seguenti:

  • purifica e mantiene l’elasticità dei polmoni
  • mantiene elastico il diaframma e il plesso solare
  • tonifica tutti gli organi della cavità addominale e li aiuta a stare nella loro posizione.
  • attiva la digestione e stimola la peristalsi togliendo progressivamente la sensazione di pesantezza dopo i pasti
  • accresce la capacità di concentrazione e la memoria.

Di seguito si riassumono le fasi della tecnica Kapalabhati Pranayama.

  • Mettiamoci seduti a gambe incrociate, schiena diritta, allunghiamo le braccia e posiamo il dorso delle mani sulle ginocchia, in modo che il palmo sia rivolto verso l’alto. Uniamo i polpastrelli di pollici e indici, lasciamo distese le altre dita. Occhi chiusi. Questa posizione è detta “sukhasana”. (fig. 1)
  • Prendiamo consapevolezza del nostro respiro naturale.
Fig. 1 – Postura durante la pratica di Kapalabhati Pranayama

 

  • L’inspirazione deve avvenire passivamente, lasciando che i muscoli addominali si rilassino e in modo del tutto naturale.
  • Espiriamo profondamente attraverso il naso fino a contrarre gli addominali.
  • Continuiamo a respirare rapidamente in questo modo, per una decina di volte.
  • All’inizio il ritmo potrà essere lento, poi progressivamente potremo aumentarlo e quando avremo preso confidenza con la pratica potremo ripetere il ciclo per più volte.

  

Fig. 2 – Il ritmo durante la pratica di Kapalabhati Pranayama 

Dal momento che si tratta di una tecnica potente, per una persona comune, 120 ripetizioni al minuto ovvero due al secondo è il rapporto ideale per i cicli di Kapalabhati. Viceversa un praticante esperto può andare anche al di sopra del livello raggiunto da una persona comune, arrivando fino a 200 ripetizioni, ma non è consigliabile aumentare il numero soprattutto all’inizio!

Inoltre, le persone affette da problemi di cuore o problemi ai polmoni dovrebbero praticare il Kapalabhati sotto la supervisione di un Insegnante di Yoga esperto.

 

Dott.ssa Loredana Pascarella – Insegnante di Yoga specializzata in Yoga Accessibile  Yoga per Bambini & Bisogni Speciali

 

Bibliografia

  • K.S. Iyengar, Teoria e pratica dello Yoga
  • Andrè Van Lysebeth, Pranayama. La dinamica del respiro

 

 

 

 

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