Tre settimane da raccontare. Cantava così Fred Bongusto in una meravigliosa hit estiva. Ma alle volte queste tanto desiderate vacanze estive possono trasformarsi in un vero e proprio incubo, magari anche difficile da raccontare. E’ il caso della “diarrea del viaggiatore”.
Cos’è la diarrea del viaggiatore?
Si tratta di un disturbo la cui incidenza aumenta soprattutto d’estate, perché il batterio che ne costituisce la causa, il Campylobacter, si moltiplica preferibilmente tra i 37° ed i 42°C. E’ un germe, o meglio una famiglia di germi, che si ritrovano nel tratto gastro-intestinale di molti animali sia di allevamento (polli, bovini , pecore, maiali), che da compagnia (cani, gatti, uccelli).
Il mezzo più comune di contaminazione
è l’ingestione di pollame contaminato poco cotto, latte non pastorizzato, acqua non potabile ed il contatto con animali domestici infetti. Attenzione dunque a ciò che si mangia e dove si pernotta, soprattutto durante o dopo i viaggi nel Sud-Est asiatico, ma comunque a tutte le latitudini dove si raggiungono temperature elevate e non si riesce a mantenere uno standard minimo delle condizioni igienico-sanitarie. Il lavaggio delle mani con acqua e sapone dopo ogni contatto con animali resta sempre la misura più importante di prevenzione delle malattie a trasmissione oro-fecale.
La maggiore frequenza della “diarrea del viaggiatore” si registra tra i soggetti immunocompromessi (pazienti affetti da HIV, neoplasie, diabete mellito, malattie autoimmuni, pazienti in terapia cortico-steroidea ), ma nessuno dovrebbe sentirsi al sicuro quando le condizioni igieniche e la cottura e conservazione dei cibi non sono ideali.
Come si manifesta?
Le manifestazioni cliniche, dopo una incubazione di circa 3 giorni sono simili a tutte le infezioni che causano malattie enteriche: si inizia con una febbre 12-24 ore prima della comparsa di cefalea, dolori muscolari e quindi diarrea. Il dolore addominale può essere diffuso o localizzato, talvolta a simulare un’appendicite, e la diarrea può variare di intensità e di frequenza, fino a provocare quadri clinici anche molto gravi di disidratazione ed infiammazione. Inoltre possono essere presenti complicanze infettive quali colecistiti, polmoniti, meningiti, celluliti ed aborto settico, ma anche non infettive quali artriti e paralisi degli arti inferiori. Queste caratteristiche sono comuni a numerose sindromi intestinali, sia batteriche che infiammatorie (come la Malattia Intestinale Cronica Infiammatoria) e rendono la diagnosi specifica molto complicata e possibile solo dopo l’isolamento del batterio dalle feci o dal sangue.
Quale cura?
La “diarrea del viaggiatore” di solito si risolve spontaneamente in circa 7 giorni, ma nel 20% dei casi si possono verificare ricadute o la febbre può persistere per oltre 7 giorni. La prima terapia da attuare consiste nella correzione delle alterazioni elettrolitiche, che nei casi più semplici può anche essere condotta per via orale, mentre nelle forme più severe va eseguita per via endovenosa. La terapia antibiotica, empirica o specifica dopo l’isolamento del batterio e l’esecuzione dell’antibiogramma, va continuata per almeno 2-3 settimane. Tre settimane da raccontare, appunto.
Nel raccomandare il rispetto delle più comuni norme igieniche, la decontaminazione dell’acqua e l’attenta cottura dei cibi, vi auguriamo buon viaggio e buone vacanze.
Dott. Francesco Alfano – Dott.ssa Enrica Nigro – Medici Internisti del Presidio Ospedaliero San Francesco D’Assisi di Oliveto Citra