“Non ho capito! Cosa hai detto?”
“Devi dire bene, ripeti insieme a me.”
“Tua sorella alla tua età diceva più parole di te.”
Sono tante le espressioni che ascoltiamo, quando si interpella un bambino, a dire qualcosa.
Lo sviluppo del linguaggio
Lo sviluppo del linguaggio non è né una gara, né una competizione, ma un processo naturale e fisiologico, che permette all’individuo di divenire un essere verbalmente comunicativo al 100%. Il linguaggio, con tutte le sue componenti ( fonetica, fonologia, semantica, lessico, sintassi) si sviluppa dalla nascita, fino ai 7 anni, con la maturazione delle abilità narrative.
Bisogna considerare che la lingua italiana è una lingua romanza, molto complessa e ricca di suoni che articolati tra di loro, danno origine a parole di lunghezza e difficoltà variabile. Per non parlare delle regole grammaticali, che fanno dell’italiano, una delle lingue più difficili da studiare e memorizzare nell’uso quotidiano.
Ogni suono della nostra lingua rispecchia una schema motorio che attiviamo, grazie all’uso degli organi articolatori e del contatto che quest’ultimi hanno tra di loro. Facciamo riferimento alle labbra, lingua, denti, palato duro e palato molle. Provate a dire velocemente “Supercalifragilistichespiralidoso”, per rendervi subito conto di quanti movimenti in sequenza produciamo, per dare origine a suoni, che inseriti nel complesso sistema di consonanti e vocali, regole grammaticali, etichette lessicali, danno origine al meraviglioso mondo delle parole.
Ma cosa succede quando stiamo imparando a parlare?
Gli schemi motori, combinati tra loro, che rappresentano la produzione di parole sono numerosissimi e lo sviluppo di quest’ultimo è lento e graduale. Il neonato comincia con i vocalizzi (“aaaa”, “eeee”, “ooo”) dai 4 mesi in poi, per poi far seguire la produzione di suoni bilabiali (pa-pa; ba-ba) suoni labiodentali (ta – ta; da- da) Suoni nasali (ma- ma; na-na) e suoni velari (ka – ka, ga- ga) e cosi via. Il bambino, attraverso la prima articolazione di suoni, prova il piacere di essere un soggetto con capacità comunicative. Riesce ad attirare l’attenzione con la sua voce, si diverte e diverte, ma ancora non associa al suono prodotto, un significato linguistico.
All’età di 1 anno, si iniziano a produrre le prime paroline sociali, che hanno un significato all’interno del contesto linguistico d’appartenenza, come l’italiano in Italia, l’inglese in Inghilterra e cosi via.
Basti pensare alle parole: mamma, papà, pappa, pipì, pupù, ciao, nonni, palla, baubau, maomao, bum bum e tutti i suoni definiti “onomatopee”, che fanno riferimento ai versi degli animaletti e degli oggetti che producono un suono.
Soffermiamo la nostra attenzione sullo schema di queste parole. Sono parole brevi (per lo più bisillabiche, cioè con due sillabe) e con suoni molto semplici, in sequenza tra di loro. Avete mai ascoltato un bambino di 1 anno, pronunciare la parola SPAZZOLINO o ASPIRAPOLVERE, con rapidità e correttezza??
Quali errori evitare?
E’praticamente impossibile pretendere da un bambino che sta approcciando ai primi “mattoncini” del linguaggio, la produzione di parole lunghe e complesse. Questo è il primo errore da evitare. Non bisogna insistere che il proprio bambino ripeti la parola alla perfezione, soprattutto con termini di difficile articolazione. Il piccolo ha sicuramente compreso e interiorizzato lo schema motorio fonetico, ma ha bisogno di tempo per mettere in atto, la produzione di quella parola.
L’esempio più diffuso è quello del termine ACQUA (parola con uno schema motorio complesso)
Quanti modi diversi utilizza il bambino, per produrre questa parola?
AU, accu, qua, agua, gugu.
Non dobbiamo preoccuparci. Il bambino ha compreso bene che, attraverso quel nome, sta esprimendo il suo bisogno di voler bere. Dobbiamo solo dargli tempo e libertà di sperimentare i suoi schemi articolatori che matureranno lentamente e daranno origine a parole complesse.
Altro errore da evitare è andare ad alterare lo schema corretto delle parole ed imitare il bambino, come ad esempio: “mettiamo le cappette”(indossiamo le scarpe); “Tao, tao” (Ciao, ciao); guarda bau bau (“guarda li; c’è il cane). L’adulto è un modello linguistico di riferimento. Alterare le parole, manda il bambino in totale confusione. Bisogna rispettare gli schemi originali dei termini che utilizziamo, per favorire un adeguato sviluppo del linguaggio.
Altro errore è paragonare il bambino ad altri coetanei o componenti della famiglia, come fratelli o sorelle maggiori che alla loro età avevano un vocabolario lessicale più ricco. Ogni bambino è un universo a sé e far parte della stessa famiglia, non determina avere le stesse competenze o abilità di base.
Ulteriore limite è far capire al bambino che non parla bene, andando a sottolineare la difficoltà dinanzi agli altri. Capita di chiedere con insistenza al piccolo, di ripetere una determinata parola, proprio per mettere in evidenza la presenza dell’errore di pronuncia. Insistere o persistere in atteggiamenti del genere, può determinare nel bambino un senso di inadeguatezza che riduce, e molto spesso devia, il naturale processo di crescita del linguaggio.
Se si presentano dubbi in merito allo sviluppo regolare del linguaggio del proprio bambino, è meglio parlarne nello specifico con il pediatra e richiedere una consulenza logopedica, per chiarire idee e comprendere se ci sono reali problemi o semplicemente stare tranquilli se ancora il bambino non sa dire la parola stella, ma utilizza tella, tolle invece di torre, pesce che diventa pecce o catello incece di castello. Provate in ogni caso, a godere delle piccole conquiste nell’articolare il linguaggio, che i piccoli parlatori, raggiungo ogni giorno.
Totò sostiene che Nessuno nasce imparato e mai come questa volta, possiamo dargli torto.
Dott.ssa Marianna Pisciotta- Logopedista