Il filosofo greco Aristotele definisce l’uomo come “animale sociale”, in merito al naturale bisogno di quest’ultimo ad aggregarsi agli altri individui. Essere adulto determina un sistema complesso di pensieri, parole, concetti, maturati nel tempo, mediante continui processi di apprendimento. Avete mai sentito parlare di “NON SI SMETTE MAI DI IMPARARE” o “GLI ESAMI NON FINISCONO MAI?”. In effetti il nostro processo di conoscenze si nutre in continuazione di nuove informazioni e continuare ad attivare nuove nozioni e abilità ha effetti benefici per la nostra attività cerebrale.
Ma cosa succede se improvvisamente si manifesta un’interruzione della parola o del pensiero?
Una specie di interruttore che limita e altera tutti i meccanismi di connessione tra pensiero, parola e produzione di quest’ultima. Viene definita AFASIA l’incapacità di esprimersi mediante la parola o la scrittura (afasia motoria) o di comprendere il significato delle parole dette o scritte da altri (afasia sensoriale),dovuta ad alterazione dei centri e delle vie nervose superiori, che fanno riferimento a livello anatomico all’emisfero sinistro del cervello in cui si identifica l’area di Broca e l’area di Wernicke, identificati come CENTRO DELLA PAROLA.
Immaginate un centro ricco di connessioni in cui si controlla l’organizzazione delle parole e l’uso di esse. Se vedo un bicchiere, collego il concetto di contenitore per inserire un liquido che mi permette di bere. Ho davanti tanti oggetti e mi viene chiesto di prendere un pettine e usarlo per aggiustare i capelli. Concetti quasi banali e azioni semplici, che parlarne sembra quasi inutile. Per il soggetto afasico tutto questo determina un notevole sforzo.
Quali sono le cause dell’AFASIA?
Il fenomeno dell’afasia insorge per lesioni localizzate nel cervello, come nel caso di un infarto cerebrale (ICTUS), un’emorragia cerebrale, un tumore espansivo a livello centrale o un trauma cranico; altre cause fanno riferimento ai processi locali infettivi, come encefalite o ascesso cerebrale, e a processi degenerativi del tessuto cerebrale come le atrofie cerebrali.
In base all’area corticale danneggiata , l’afasia viene suddivisa, in senso generale, in due forme:
Afasia motoria (o di Broca)à il paziente comprende la parola e ne conserva il significato, ma non è in grado di parlare fluentemente o di scrivere. Se chiediamo a questo soggetto di elencare gli animali che conosce, avrà difficoltà nell’accesso delle diverse etichette (nomi degli animali) appresi negli anni e la loro giustificazione spesso si conclude con : “so cos’è ma non mi viene come si chiama”
Afasia sensoriale (o di Wernicke)à difficoltà nell’attribuire un significato al linguaggio , sia udito che scritto, sebbene riescono a pronunciare fluentemente le parole. Ci ritroveremo dinanzi a pazienti che creano nuove parole ( neologismi -es. bambino diventerà pompolino) o variazioni dei fonemi che rendono le parole prive di senso .
Concetto fondamentale viene identificato nel rimappaggio corticale dopo lesione periferica e riorganizzazione cerebrale dopo lesione centrale. Non useremo grandi paroloni scientifici, ma l’obiettivo è far comprendere come un buon training intensivo di riabilitazione può aiutare il paziente ad una modificazione dell’attivazione cerebrale delle aree interessate. Ciò può determinare un graduale recupero della parola e riportare il soggetto alla quotidianità come soggetto comunicante.
T.L. ha 54 anni ed è stata affetta nel 2018 da attacco ischemico ostruttivo all’emisfero sinistro.
Ciò ha determinato l’insorgenza di un’emiparesi al lato destro ( da notare come l’esmifero sinistro domina e controlla il nostro lato destro e viceversa per il fenomeno della decussazione delle fibre nervose)con difficoltà nella deambulazione e nell’uso della mano destra; afasia motoria, problemi di memoria a breve termine.
La paziente ha intrapreso immediatamente un percorso di terapia logopedica e fisioterapica che continua attualmente, anche se ha ridotto la quantità delle terapie. E’importante sottolineare come dinanzi non si ha solo un paziente con una storia clinica e dei sintomi specicifi; dinanzi a noi si presenta una persona con un insieme di fragilità e rassegnazione. Alla mia domanda : “Cosa ha pensato, appena ha capito cosa le era successo?”, la paziente mi ha risposto: All’ inizio ho pensato che non ce la facevo più, né a parlare, né a camminare. In seguito ho visto che a camminare ce l’ho fatta e a parlare, con la terapista, piano piano, sono riuscita. Ho dovuto rinunciare al mio lavoro e alle volte sono ottimista e altre volte non ce la faccio.”
Ciò mette in evidenza il ruolo della riabilitazione, in termini di intervento precoce, senza dimenticare la qualità dell’intervento, senza dimenticare la motivazione del paziente che determina, senza alcun ombra di dubbio, la principale chiave di successo, nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
Dott.ssa Marianna Pisciotta – Logopedista