Una malattia che 25 anni fa non esisteva, dovrebbe definirsi nuova. Tanto più che ancora oggi risulta una diagnosi abbastanza complessa e quindi raramente posta. Eppure la sindrome Metabolica, di cui è stata data definizione completa nel 1996, è una patologia antica nelle sue componenti.
Chi è il paziente con sindrome metabolica?
Si tratta di un frequentatore niente affatto raro dei nostri ambulatori. Ne abbiamo bene in mente le caratteristiche fisiche: per lo più un maschio, tra i 65 e i 75 anni, obeso, cioè con un Body Mass Index >30, o con una circonferenza addominale >102 cm per i maschi e > 88 cm per la donne, iperteso (Pressione arteriosa >125/75 secondo le più recenti linee guida dei cardiologi americani), con alterazione del profilo lipidico ed alterazioni anche lievi del profilo glucidico (diabete e dintorni). Il discorso sembra difficile, ma cercheremo di fare un po’ di chiarezza.
L’obesità è sempre stata considerata un fattore di rischio cardiovascolare, fin dagli anni ’70, ma solo con la scoperta di questa particolare sindrome ha assunto la rilevanza di una malattia. Infatti, grazie agli studi che hanno portato alla definizione della sindrome metabolica si è dimostrato che il tessuto adiposo non è un tessuto inerte, ma che produce una serie di fattori pro-infiammatori, acidi grassi non esterificati che contribuiscono all’aterosclerosi e che è in grado di aumentare la resistenza all’azione dell’insulina.
Ricapitolando, i pazienti obesi ed ipertesi devono essere tutti sottoposti a screening per il diabete, dosando l’insulinemia e praticando un carico orale di glucosio. Valori di glicemia a digiuno superiori a 126 mg/dl e due ore dopo carico superiori a 200 mg/dl danno la diagnosi di diabete mellito. Anche valori a digiuno tra 110 e 125 mg/dl di glucosio (intolleranza glucidica) fanno parte della sindrome metabolica. L’insulino-resistenza e l’aumento dell’insulinemia provocano una serie di alterazioni metaboliche (aumentano il colesterolo LDL, quello cattivo, aumentano l’attività del sistema nervoso simpatico e la pressione arteriosa, aumentano la coagulabilità del sangue e alterano la funzione dei vasi), che rendono conto delle caratteristiche di questa sindrome.
Il profilo lipidico di questi pazienti è caratterizzato da elevati livelli di LDL colesterolo (> 130 mg/dl), bassi livelli di HDL colesterolo (<40 mg/dl), elevati livelli di trigliceridi (>150 mg/dl). Queste condizioni favoriscono il danneggiamento dei vasi e la conseguente formazione di placche aterosclerotiche, che sono poi la causa degli eventi trombotici, insieme all’attivazione del sistema infiammatorio.
In questi pazienti, inoltre, l’ipertensione arteriosa, dovuta al danno dei vasi provocato dai grassi circolanti, provoca caratteristici danni agli organi. I principali sono da ricercarsi a livello renale (microscopiche dosi di albumine perse con le urine), a livello cardiaco (ingrossamento –ipertrofia – del muscolo cardiaco che forma il ventricolo sinistro) ed a livello dei vasi dove si formano i precursori delle placche aterosclerotiche (ispessimento intimale).
Tutte queste complesse alterazioni metaboliche hanno un effetto molto semplice. I pazienti affetti da questa sindrome hanno un rischio doppio rispetto ai loro coetanei di avere un evento cardiovascolare acuto.
Ma all’inizio di questo articolo si è detto di una malattia antica. Dov’è questa antichità?
Forse la sindrome metabolica può essere una malattia antica perché antico è il rimedio principale. L’attività fisica moderata e continuativa ed una dieta a basso tenore di grassi e zuccheri raffinati sono in grado di ridurre peso corporeo, circonferenza addominale, pressione arteriosa, insulinemia e colesterolemia totale ed LDL. Tutto questo senza ricorrere a farmaci!!! Chissa’ se è questa la causa della scarsa conoscenza di questa patologia. Solo dopo uno o due mesi di ripristino dell’attività fisica e della perdita di peso corporeo, in caso di persistenza di elevati livelli di glicemia o di colesterolo LDL o di ipertensione arteriosa si deve ricorrere ai farmaci. Allora, cari amici obesi, lievemente diabetici, un po’ ipertesi, ed anche dislipidemici, insomma dismetabolici, facciamo la cosa giusta, anche se antica. Compriamo un paio di scarpe comode, magari prendiamo un cane al canile, ed andiamo a camminare, rimettiamo in moto l’organismo, facciamo le scale a piedi, riduciamo la quantità di pane e pasta, facciamo la spesa come se ci accompagnassero i nostri nonni ed evitiamo i dolci riservandoli alle grandi occasioni. Cureremo così la nostra sindrome metabolica ed anche la nostra autostima. I rimedi antichi sono sempre validi, anche per le patologie nuove.
Dott. Francesco Saverio Alfano – Medico Internista